25.12.14

Merry Christmas. From me, with love.


Natale. Perché se, come tutto le feste, dura solo ventiquattro ore, è anche vero che qualcosa rimane ugualmente.
Michael e Mariah nella riproduzione casuale, il pandoro e gli avanzi del pranzo. Le cartoline e i messaggi di auguri. Le luci dell'albero ancora accese fino al sei gennaio.

I ricordi dei bei momenti.
E io spero che in queste ventiquattro ore (ne rimangono ancora dieci) ce ne siano tanti.
Buon Natale.
Con il cuore.

Vittoria.




19.11.14

Mamà perdoname por mi vida loca.


Drugs. Non penso di aver mai negato di non avere io stessa qualche dipendenza o di avere un segreto tallone di Achille. Né di aver mai detto che il mondo non sia segretamente pieno di feticisti di ogni tipo.
Ma non si tratta della tequila e neppure di qualche sigaretta fumata con un Vodka Martini in mano, né tantomeno di un debole per gli uomini e per tutto quello che fanno.

Qui si parla di suole consumate. Dell'equilibrio mantenuto su un tacco dieci senza plateau. Dell'assoluta inutilità di farsi la doccia prima di uscire in quelle sere. Dell'impellente bisogno d'acqua, temperatura ambiente grazie, ma grazie lo stesso per il vodka lemon. Della voglia di spazio, necessario, quasi vitale. Di pieghe che durano il tempo di una canzone e di camicette che stanno ordinatamente infilate nei pantaloni per ancora meno tempo. Delle ginocchia che chiedono pietà di tanto in tanto quando esagero.
Del fatto- innegabile- che, quando la musica parte, parto pure io. Non importa dove sono né come sono vestita, non importa se sono da sola o con le amiche. Non resisto.
E come tutte le dipendenze che vengono assecondate, peggiorano. Se prima mi bastava di ballare sulla pista, adesso non mi basta più.
Voglio il cubo. Ma anche il bancone del bar è perfetto.

(Grazie a Matteo, che ormai mi ha viziata e non può più tornare indietro e ad Ilaria che, nonostante la mia riluttanza per le pose fisse da discoteca, riesce a beccarmi ugualmente e ad ottenere risultati sorprendenti, almeno per me)








First look: Zara top, Calzedonia leather pants.
Second look: Primark shirt and earrings, Zara shorts, Sephora mat lipstick.
Third look: Zara top, Oysho lingerie.
Fourth look: Zara top and pants.




6.11.14

SEX (without the city)


Sesso. 
Cinque lettere. Un'infinita quantità di sensazioni e un unico, grande tabù. 
Si perché a quanto pare siamo pronti a tutti e a tutto, ma non a parlare della cosa più vecchia del mondo. Tutti lo fanno ma nessuno lo dice. Si sussurra, quasi avessimo paura che la gente ci possa sentire e giudicare, si parafrasa, quasi ci risultassimo troppo volgari a pronunciare quelle cinque lettere, si semplifica, quasi fossimo spaventati da qualcosa di semplice ma che solo semplice alla fine non è. 

Naturale, perché alla fine siamo tutti animali. Semplice, perché siamo fatti ad incastro come i pezzi di un puzzle. Volgare, quanto basta per non sostituire alla parola "scopata" una qualsiasi altra frase. Eccitante, perché accende ogni singola fibra del corpo. Proibito, nei luoghi pubblici- ma come in tutte le burocrazie anche lì ci sono dei cavilli- e nelle menti di coloro che non sanno- o non vogliono- lasciarsi andare. Devastante, altrimenti Anna Karenina sarebbe sempre viva. Magico, nel senso che riesce a creare una sua personale atmosfera, qualsiasi essa sia. Dimenticato, troppo spesso quando non ci si ferma mai, quando invece l'unica cosa da fare sarebbe fermarsi un po' di più sotto le lenzuola. Infinito, perché ci sono più di sei miliardi di persone su questo pianeta e infinite possibilità di combinarsi. Decantato, troppo spesso da chi, una bella scopata, non se la fa già da un po'. Atteso, perché anche l'attesa di farlo è comunque piacere. Scaduto, nelle pubblicità delle auto. Cantato, tra le righe di un pentagramma. Scritto, nero su bianco da tanti ma bene da pochi. Visto, e rivisto, con l'illusione di un orgasmo multiplo e di una perenne erezione in un film porno. Estatico, quando quell'orgasmo arriva- anche se non è multiplo. Da scoprire, al momento giusto e con la persona giusta, perché le prime volte fanno sempre schifo. Da provare, in tutte le sue varianti perché io davvero non capisco come mai, se abbiamo la possibilità, ci dobbiamo far mancare qualcosa nella vita. Da ricordare, e riassaporare, nelle notti in cui nel letto si è da soli. Indispensabile, provate a negarlo. Complicato, perché spesso mescola non solo i corpi ma anche i cuori e le menti. Consumato, non solo la prima notte di nozze, ma tutti i giorni dell'anno. Vissuto, come quei jeans di quando si era più giovani. Potente, quando lo si nega e anche quando lo si concede. Sognato, tra le pagine di un romanzo rosa o tra le lenzuola madide di sudore. Violento, quanto basta per lasciare qualche segno in più la mattina dopo. Romantico, a lume di candela tra i petali di rosa. Feticista, perché il mondo ne è segretamente pieno. Inaspettato, quando fino ad un'ora prima l'altra persona non la conoscevi. Scomodo, in ascensore e sul marmo freddo. Consolatorio, quando hai bisogno di distrazione dal pensiero di un cuore spezzato. Facile, come uno schiocco di dita. Difficile, quando non riesce. Triste, quando è per dirsi addio o quando manca. Pericoloso, come tutte le ossessioni. Censurato, come se fosse una cosa brutta. Sbagliato, e quindi da correggere. Da fare, rifare e strafare, non dico altro. Incomprensibile, il suo potere e il suo significato. Misterioso, quando ci si spoglia ma si lasciano le maschere.
Indescrivibile, poco importa se questi sono 625 caratteri. Poco importa se uno si impegna, ma certi attimi sono talmente veloci che non si riesce a spiegarli a parole e certe sensazioni sono così forti che non si trovano, queste parole. Poco importa se si cerca di scriverlo punto per punto, mancherà sempre qualcosa: qualche sensazione, nel turbine dei ricordi, sfuggirà a chi scrive e, nel vano tentativo di comprenderle, anche a chi legge. 

E ultimo, ma non ultimo, bello.
Perché, come le albe e i tramonti, non è mai sempre uguale.










16.10.14

How To Be Parisian.



How To. Riflettendo su Parigi e tutto ciò che comporta, e non mi riferisco solo ai macarons o al 31 di Rue Cambon.

Nè solo alla Tour Eiffeil o alle eclairs al cioccolato.
E' tutto il resto che ti rimane di Parigi. Le strade e lo spirito, il suono della lingua- con quella r perfettamente moscia senza sbavature o sforzi-, la risata sfacciata del tipico parigino elegante che cammina per strada e anche dello sguardo abbastanza snob della donna con il capello perfetto, la manicure perfetta e una Birkin nuova fiammante portata a mano. L'odore del fumo fuori dai locali perché a quanto pare i parigini detestano 'sta cosa che non si può più fumare all'interno dei luoghi pubblici. L'aria frizzante e l'odore di baguette appena sfornata, croccante, profumata, quasi rumorosa seppur nel suo  quieto aspettare che qualcuno la avvolga in un semplice pezzo di carta e se la metta sotto il braccio, portandola via, come tutti i grandi amore dovrebbero fare. 
La semplicità di quelle sere francesi a base di vino, rigorosamente rosso, e di quella ciocca fuori posto ma allo stesso tempo al posto giusto.


(Ecco. Magari nella prossima vita ditemelo che posso essere figa anche con la frangia spettinata e tutto meno che in ordine. Così non mi stiro i capelli a duecento senza siero protettivo. Grazie)





















3.9.14

Agli uomini. E alle Libertine.



   "Consentitemi di essere esplicito fin dall'inizio: non credo che vi piacerò. I signori proveranno invidia e le signore disgusto, non vi piacerò affatto, non vi piacerò ora e vi piacerò ancor meno in seguito.
Signore, un avvertimento: io sono pronto a tutto, in ogni momento. Che sia merito o demerito, questo ora è difficile da dire, tuttavia è certo che sono un libertino. Continuerò a spassarmela e a provare ardenti passioni , non duoletevene, vi arrecherebbe afflizione, tratte le conclusioni stando alla distanza a cui vi terreste se stessi per mettere la lingua sotto le vostre sottane.
Signori non disperate, sono pronto a tutto, si. Lo stesso avvertimento vale anche per voi: placate le vostre squallide erezioni perché quando avrete un amplesso vedrò di cosa sarete capaci; allora saprò se sarete venuti meno alle mie aspettative. Vi auguro di fottere immaginando che la vostra amante segreta vi stia osservando di nascosto, di provare le stesse sensazioni che io ho provato e che provo, e chiedervi: era questo lo stesso brivido che sentiva lui? O c'è un muro di disgrazia contro il quale tutti battiamo la testa in quel fulgido, eterno momento?
Questo è tutto, questo è il mio prologo.
Nessuna rima e nessun decoro: non era questo che vi aspettavate, spero.
Sono John Wilmot, il secondo Conte di Rochester, e non ho alcuna intenzione di piacervi."

The Libertine

Agli uomini, con la u minuscola, forse anche omuncoli e forse addirittura quaquaquaraquà. A quelli che hanno "la sfera emozionale di un cucchiaino da tè". A quelli che sono spaventati dalla vita, a partire dalla loro e poi anche da quella degli altri. A quelli che non si buttano mai, e non intendo solo in acqua, e non fanno le cose con la pancia, spinti da uno nodo allo stomaco. Alle convenzioni sociali che nell'anno duemila e quattordici ancora seguono chi non riesce a liberarsene per paura. 
(Paura di vivere sul serio forse). 
Alle verità scomode tenute nascoste ma che alla fine vengono a galla come pietre pomici in mare.
A chi non ragiona mai con il cuore e con l'istinto ma con l'aridità di un pensiero non sufficientemente soppesato, a chi non fa le cazzate e a chi è sempre e per forza tutto d'un pezzo, anche quando gli altri intorno a te sono piegati dalle risate e dall'alcool e dalle serate passate per le strade, trascinandosi di gradino in gradino e di locale in locale. A chi fa quello che non gli va di fare solo per piacere agli altri e a chi vorrebbe cambiare ma non ha il coraggio di farlo.
Vi auguro di continuare ad andare avanti senza guardarvi indietro mai, per non scoprire cosa e quanto vi siete persi.

(Per non vedere le risate che mi sono fatta il giorno dopo le mie numerose cazzate. Per non sentire l'odore della pioggia carica di sabbia quando l'ombrello era rimasto sul letto a casa. Per non vedere quanti amori frivoli consumati e gettati via come una bustina di tè e quanti probabili mariti o amanti portati via da un treno, un aereo o un'altra donna. Per non provare il rimpianto di non aver mai gustato il sapore di un bacio proibito o di troppi Vodka Martini a stomaco vuoto. Per non aver mai provato emozioni piene, travolgenti, devastanti, che io penso siano i settanta gli anni adatti a vivere di emozioni moderate. 
Per non aver mai provato a rivestirvi in silenzio e scappare da una notte disastrosa o rientrare in casa nel bel mezzo della notte e uscire nuovamente dopo aver agguantato il costume da bagno. Per non aver mai fatto il bagno a mezzanotte o mangiato una pasta aglio olio e peperoncino alle cinque di mattina. Per non aver mai lanciato un reggiseno o dimenticato un paio di mutande. Per non aver mai tossito dopo aver aspirato il fumo di una sigaretta e per non essere mai stati politicamente scorretti. Per rendervi conto di non aver mai fatto niente che meriti davvero di essere ricordato o raccontato.)

E vi auguro anche di avere ancora qualcuno di vivo accanto, perché questa monotonia alla lunga sfibra, logora, uccide. Io invece questa vita, visto che ho già letto su un paio di libri che è una sola, me la voglio proprio godere. Sicura che non rimarrò mai da sola perché la gioia di vivere non ha mai ucciso nessuno.













19.8.14