28.5.16

Fai la valigia che partiamo.


Per Parigi, sempre e comunque. Che io sono dell'idea che almeno un paio di giorni al mese ci dovrei andare, quantomeno per non dimenticare il francese. Poi per vedere se riesco a dimenticare la pizza e a farmi venire voglia di éclair alle cinque di pomeriggio, mentre passeggio per le strade senza assolutamente alcuna meta, perché dicono che il viaggio è quello che conta il più delle volte. Per vedere tutti quei musei che non ho ancora mai visto, quegli angoli smussati dai pietroni dei palazzi, il colore della Senna al tramonto. Per andare finalmente a Versailles e fare una foto nel salone degli specchi e per poi dirigermi a Giverny per vedere i giardini delle ninfee e il ponticello sotto il salice piangente.

Per Capri perché l'Italia è meravigliosa e io ne ho visto solo così poca. Per camminare canticchiando "Parlami d'amore Mariù" con la speranza di veder apparire David (Gandy, ndr) che poi decide di portarmi a cena fuori in un ristorante con la vista più bella sul mare. Per mangiare limoni a morsi e sentire il profumo che ti rimane sulle mani, per i colori dei fiori e per comprare un paio di sandali in un negozio che a quanto pare è una vera istituzione.


Per Londra, perché è l'ultima vacanza che ho fatto e nonostante i ventotto giorni ho ancora la lista di due anni fa con parecchie voci da spuntare. Tipo Sketch o il Museo di Storia Naturale per citarne due completamente a caso. Tipo una pinta di Guinnes che l'ultima volta ancora non apprezzavo la birra, quella sana e benedetta via di mezzo tra il succo e il vodka Martini quando sono in spiaggia e non so cosa bere. Tipo Buckingham palace e la campagna inglese come fa Elizabeth Bennet in tutti quei posti meravigliosi che finiscono per shire. Che magari capisco una volta per tutte come si pronuncia, eh.

Per Roma. Perché è eterna e io devo ripassare alcune cose per l'esame di storia dell'arte moderna e ne devo vedere altrettanto che mi dovrei solo vergognare per non averlo ancora fatto. Per un piatto di carbonara da scoppiare, con il fazzoletto prontamente aggrappato al colletto della camicia, per scoprire i giardini e cercare di contare quante chiese e fontane ci sono, per fare un po' di step salendo a Trinità dei Monti. Per vedere di nuovo San Pietro che magari l'estasi mistica come a Santa Teresa viene anche a me anche se ci credo molto poco. Per sentir parlare in romano che è una delle cose che più mi fanno sorridere a questo mondo e per godermi l'ombra sotto un pino al Gianicolo.


Per la Provenza, che la strada per arrivarci me la voglio godere tutta dal finestrino di un treno che passa lungo mare. Per farmi prestare una bicicletta con un cestino gigante in cui mettere fiori, frutta, burro, marmellata e baguette. Per annusare l'odore del sapone e quello dei petali di rosa e sperare che la lavanda fiorisca presto se non è già fiorita per metterla ancora fresca nei cassetti tra le lenzuola rigorosamente bianche.

Per Venezia. Per quella sensazione di amore misto a malinconia che solo lei sa trasmettere, attraverso i suoi vicoli e le sue calli e sopra i suoi ponti dove se non ti perdi vuol dire che hai guardato troppo la cartina e ti sei perso tutta la magia. Per un caffè al Florian e un Bellini all' Harry's Bar ora che ci stiamo avvicinando alla stagione delle pesche bianche. Per le cupole dorate di San Marco e per i suoi dorati mosaici, per il Canal Grande sorvegliato dai palazzi e te lo sapevi che il Peggy Guggenheim è l'unico ad avere solo un piano? Per Santa Maria della Salute che ritengo sia una delle sette meraviglie a questo mondo e per vedere il museo Navale che una volta i veneziani lo governavano quel mare che la circonda.


Per Vienna. Che tra tutte è una meta nuova e di cui non so niente ma dicono sia meravigliosa. Per assaggiare la vera Sacher con tanto di panna perché se vado non mi faccio mancare davvero nulla. Il resto è solo da scoprire.



Per qualsiasi posto raggiungibile via aereo, nave
o gambe che mi venga voglia di provare sulla pelle.
L'importante è partire.









6.5.16

Tutta una questione di maniche.


Statement sleeves. Ci siamo lasciate alle spalle sciarpe e cappotti e siamo rimaste con solo le giacche leggere. In maglietta e camicia, braccia libere.
E questa stagione vogliamo che si notino bene le braccia. O meglio, le maniche.
Ed è proprio per questo che le vogliamo grandi. Grandissime. Enormi.


A tratti ingombranti ma si sa che, alla moda più di tutto,
è permesso di non essere sempre comoda e funzionale.

Roba che non pensiate pure di passare la bottiglia di vino all'amica di fronte a voi a tavola senza rimanere impigliate in qualcosa. Che il sushi nella salsa di soia ce lo inzuppate domani quando avrete addosso qualcos'altro. Che la torta della nonna con tanto di pasta frolla fatta a mano può aspettare ancora un po'. Roba che il binomio jeans e camicetta non è mai stato così semplice e d'effetto allo stesso tempo.  Che poco importa del resto: quando si hanno delle maniche così non occorre neppure avere un uomo attaccato al braccio.

Non c'è proprio spazio.