19.11.14

Mamà perdoname por mi vida loca.


Drugs. Non penso di aver mai negato di non avere io stessa qualche dipendenza o di avere un segreto tallone di Achille. Né di aver mai detto che il mondo non sia segretamente pieno di feticisti di ogni tipo.
Ma non si tratta della tequila e neppure di qualche sigaretta fumata con un Vodka Martini in mano, né tantomeno di un debole per gli uomini e per tutto quello che fanno.

Qui si parla di suole consumate. Dell'equilibrio mantenuto su un tacco dieci senza plateau. Dell'assoluta inutilità di farsi la doccia prima di uscire in quelle sere. Dell'impellente bisogno d'acqua, temperatura ambiente grazie, ma grazie lo stesso per il vodka lemon. Della voglia di spazio, necessario, quasi vitale. Di pieghe che durano il tempo di una canzone e di camicette che stanno ordinatamente infilate nei pantaloni per ancora meno tempo. Delle ginocchia che chiedono pietà di tanto in tanto quando esagero.
Del fatto- innegabile- che, quando la musica parte, parto pure io. Non importa dove sono né come sono vestita, non importa se sono da sola o con le amiche. Non resisto.
E come tutte le dipendenze che vengono assecondate, peggiorano. Se prima mi bastava di ballare sulla pista, adesso non mi basta più.
Voglio il cubo. Ma anche il bancone del bar è perfetto.

(Grazie a Matteo, che ormai mi ha viziata e non può più tornare indietro e ad Ilaria che, nonostante la mia riluttanza per le pose fisse da discoteca, riesce a beccarmi ugualmente e ad ottenere risultati sorprendenti, almeno per me)








First look: Zara top, Calzedonia leather pants.
Second look: Primark shirt and earrings, Zara shorts, Sephora mat lipstick.
Third look: Zara top, Oysho lingerie.
Fourth look: Zara top and pants.




6.11.14

SEX (without the city)


Sesso. 
Cinque lettere. Un'infinita quantità di sensazioni e un unico, grande tabù. 
Si perché a quanto pare siamo pronti a tutti e a tutto, ma non a parlare della cosa più vecchia del mondo. Tutti lo fanno ma nessuno lo dice. Si sussurra, quasi avessimo paura che la gente ci possa sentire e giudicare, si parafrasa, quasi ci risultassimo troppo volgari a pronunciare quelle cinque lettere, si semplifica, quasi fossimo spaventati da qualcosa di semplice ma che solo semplice alla fine non è. 

Naturale, perché alla fine siamo tutti animali. Semplice, perché siamo fatti ad incastro come i pezzi di un puzzle. Volgare, quanto basta per non sostituire alla parola "scopata" una qualsiasi altra frase. Eccitante, perché accende ogni singola fibra del corpo. Proibito, nei luoghi pubblici- ma come in tutte le burocrazie anche lì ci sono dei cavilli- e nelle menti di coloro che non sanno- o non vogliono- lasciarsi andare. Devastante, altrimenti Anna Karenina sarebbe sempre viva. Magico, nel senso che riesce a creare una sua personale atmosfera, qualsiasi essa sia. Dimenticato, troppo spesso quando non ci si ferma mai, quando invece l'unica cosa da fare sarebbe fermarsi un po' di più sotto le lenzuola. Infinito, perché ci sono più di sei miliardi di persone su questo pianeta e infinite possibilità di combinarsi. Decantato, troppo spesso da chi, una bella scopata, non se la fa già da un po'. Atteso, perché anche l'attesa di farlo è comunque piacere. Scaduto, nelle pubblicità delle auto. Cantato, tra le righe di un pentagramma. Scritto, nero su bianco da tanti ma bene da pochi. Visto, e rivisto, con l'illusione di un orgasmo multiplo e di una perenne erezione in un film porno. Estatico, quando quell'orgasmo arriva- anche se non è multiplo. Da scoprire, al momento giusto e con la persona giusta, perché le prime volte fanno sempre schifo. Da provare, in tutte le sue varianti perché io davvero non capisco come mai, se abbiamo la possibilità, ci dobbiamo far mancare qualcosa nella vita. Da ricordare, e riassaporare, nelle notti in cui nel letto si è da soli. Indispensabile, provate a negarlo. Complicato, perché spesso mescola non solo i corpi ma anche i cuori e le menti. Consumato, non solo la prima notte di nozze, ma tutti i giorni dell'anno. Vissuto, come quei jeans di quando si era più giovani. Potente, quando lo si nega e anche quando lo si concede. Sognato, tra le pagine di un romanzo rosa o tra le lenzuola madide di sudore. Violento, quanto basta per lasciare qualche segno in più la mattina dopo. Romantico, a lume di candela tra i petali di rosa. Feticista, perché il mondo ne è segretamente pieno. Inaspettato, quando fino ad un'ora prima l'altra persona non la conoscevi. Scomodo, in ascensore e sul marmo freddo. Consolatorio, quando hai bisogno di distrazione dal pensiero di un cuore spezzato. Facile, come uno schiocco di dita. Difficile, quando non riesce. Triste, quando è per dirsi addio o quando manca. Pericoloso, come tutte le ossessioni. Censurato, come se fosse una cosa brutta. Sbagliato, e quindi da correggere. Da fare, rifare e strafare, non dico altro. Incomprensibile, il suo potere e il suo significato. Misterioso, quando ci si spoglia ma si lasciano le maschere.
Indescrivibile, poco importa se questi sono 625 caratteri. Poco importa se uno si impegna, ma certi attimi sono talmente veloci che non si riesce a spiegarli a parole e certe sensazioni sono così forti che non si trovano, queste parole. Poco importa se si cerca di scriverlo punto per punto, mancherà sempre qualcosa: qualche sensazione, nel turbine dei ricordi, sfuggirà a chi scrive e, nel vano tentativo di comprenderle, anche a chi legge. 

E ultimo, ma non ultimo, bello.
Perché, come le albe e i tramonti, non è mai sempre uguale.