"In Marrakech, you discovered sunlight, other colors.
In the streets, on the walls, in the clothing of the women of the Atlas.
Maybe you also found the scent of your youth"
From "YSL", Jalil Lespert
Marrakech. A Marrakech secondo me la luce è dappertutto, perché passa da ogni microscopico foro intagliato nelle pareti e negli scuri delle finestre, tra i listelli di legno gettati tra una casa e l'altra, tra le dita sporche di spezie che riparano gli occhi dal sole. Piccoli raggi di luce che, come un faro sottile al pari di un pensiero, illuminano la madreperla sopra i tavolini da caffè, i colori sparsi sul pavimento ricoperto di cuscini e le lanterne in metallo, che scompongono a loro volta la luce di una candela la sera, quando il cielo blu scuro appare sopra di te.
Non esistono spazi chiusi, ma solo luoghi diversamente collegati. Una camera che si affaccia sul centro di un riad, un bagno che dà su una piscina, un divano su un tetto.
E poi i colori, che io sono convinta che colori così brillanti esistano solo a Marrakech. Ocra così puri che ti sembra sole, rossi così vivaci che solo i papaveri, blu così profondi che sembra abbiano bagnato la stoffa nel colore del mare. Tutti in polvere come se lo sapessero che la polvere se la soffi va davvero dappertutto.
Le strade tortuose, l'odore del gelsomino, suoni che non hai mai sentito, le stoffe e le sete, il nero attorno agli occhi, le porte e le finestre.
La luce, di nuovo. Che io sono convinta che in una città come quella non esista il buio.
Neppure se chiudi gli occhi.